Intervista a Eleonora Chioda, Ideatrice e coautrice di Silicon Valley e del bestseller Startup

È l’inizio di una nuova era. L’era degli innovatori. C’è ottimismo nel mondo delle startup italiane. Crescono quelle iscritte al registro delle imprese innovative (oltre 14mila). Nel 2021 hanno raccolto investimenti per quasi 1,4 miliardi di euro. Arrivano fondi internazionali. E il 2022 segna un nuovo record: + 30% i capitali investiti nei primi sei mesi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. A 10 anni dallo Startup Act, legge per le startup voluta dall’allora ministro Corrado Passera, nascono i primi unicorni. Si chiamano cosi le startup valutate oltre un miliardo di dollari. Il termine è stato coniato nel 2013 da Aileen Lee, fondatrice di Cowboy Ventures. Voleva porre l’accento sulla rarità di queste imprese. Da allora la definizione non è cambiata, ma è aumentano il numero degli unicorni. Al momento in cui scriviamo sono 1.195 gli unicorni nel mondo. Con un valore cumulativo di 3,861 miliardi (Dati CB Insights).

Le loro caratteristiche? Crescono in fretta, sono finanziate dal venture capital e guidate da imprenditori seriali, con una grande leadership e spesso storie di fallimenti alle spalle. Portano un’innovazione disruptive, usano bene la tecnologia, hanno in sé la grande capacità di risolvere un problema. Secondo il Club degli investitori in Europa ci sono oltre 150 unicorni (nel 2021 erano 132). In cima alla classifica c’è il Regno Unito con 44 unicorni, segue Germania con 29, la Francia con 25, Svezia e Spagna con 8. Tra gli unicorni spagnoli, c’è Glovo: startup del delivery nata a Barcellona nel 2015. Il fondatore è un ingegnere aerospaziale di 27 anni, Oscar Pierre. In Italia, senza considerare Yoox e Depop, gli unicorni sono formalmente due: Scalapay e Satispay.  Entrambi nel settore fintech.

Scalapay, la startup del Buy Now, Pay later ( “compra ora, paga poi”), è stata fondata a Firenze nel 2019 da Simone Mancini e da Johnny Mitresvki.  In tre anni è diventata un unicorno. Ha raccolto capitali per 700 milioni di euro. Fondi inglesi, americani, cinesi. «Nata come una sperimentazione, come tutti gli altri miei lavori, era un progetto pronto a fallire. Ci entusiasmava moltissimo, ma non avevamo l’assillo di avere successo» ha raccontato Simone Mancini. Invece funziona. Conquista 5 mila negozi, 2 milioni e mezzo di clienti e si è diffusa in 4 Paesi: Italia, Francia, Spagna e Portogallo.

Satispay è l’unicorno più recente. Sistema di pagamento alternativo alle carte di credito, permette di pagare con un’App in oltre 200mila negozi e di scambiarsi il denaro tra amici e parenti. Fondata a Cuneo nel 2013 da Alberto Dalmasso, Dario Bignone e Samuele Pinta, ha appena chiuso un round Serie D da 320 milioni di euro.

«Vogliamo cambiare il mondo dei pagamenti a partire dall’Italia. Non lo facciamo per soldi, ma per ambizione. Siamo parte di un’economia in difficoltà. Ci hanno consegnato un Paese per vecchi ma abbiamo tecnologia e innovazione. E possiamo riscrivere le regole». Riscrivere le regole del gioco e  la voglia di cambiare il mondo in meglio sono la forza trainante di queste imprese.

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