Per la 2° edizione di Climate Tech, che si terrà il 9 aprile 2024, abbiamo avuto il privilegio di intervistare Benedetto Ruggeri, Founder & CEO di MUGO.

Perché per il controllo delle emissioni è importante ridurle ma anche compensarle? 

La riduzione delle emissioni è un passo fondamentale nel percorso verso la sostenibilità aziendale, ma non è sufficiente da sola. È un’attività cruciale anche compensare le emissioni per garantire un impatto climatico positivo nel lungo termine. Questo approccio si basa su una visione completa del processo di decarbonizzazione, che comprende infatti misurazione, riduzione e compensazione delle emissioni.

La compensazione delle emissioni implica il sostegno finanziario a progetti certificati che attivamente rimuovono o riducono le emissioni di gas serra dall’atmosfera. Contrariamente a quanto si possa pensare, non si tratta di una misura superficiale o di greenwashing, ma piuttosto di una strategia riconosciuta a livello internazionale come parte integrante della lotta al cambiamento climatico.

L’IPCC ha infatti già sottolineato l’importanza cruciale della compensazione nel suo rapporto AR6, riconoscendo i progetti removal come meccanismo essenziale per bilanciare le emissioni difficili da eliminare completamente (hard to abate) e per mantenere l’aumento della temperatura globale entro i limiti accettabili di +2°. Questa prospettiva è stata ulteriormente rafforzata da SBTi (Science Based Targets Initiative) e dalla pubblicazione poche settimane fa del loro approccio BVCM (Beyond Value Chain Mitigation) che ha evidenziato come la compensazione sia una delle attività che devono essere integrate in modo sistematico nel percorso di decarbonizzazione aziendale, non solo come strategia di fine percorso, includendo sia progetti avoidance, sia progetti removal per valorizzare attività di mitigazione che superano i confini della catena del valore aziendale. BVCM ha chiarito che la compensazione non dovrebbe essere vista come un’opzione marginale, ma come una best practice fondamentale e questo implica un cambio di paradigma: non più semplici attività spot, ma un approccio strategico, sistematico e pluriennale che rende la compensazione una best practice essenziale legata alla strategia di decarbonizzazione aziendale.

Le modalità di comunicazione di queste attività sono ancora in fase di evoluzione, ma la direzione di mercato è quella di riconoscere la compensazione delle emissioni non solo come un’opzione, ma sempre di più grazie a nuove pratiche ed evoluzioni normative come una necessità per ogni azienda che si inserisce nell’ambito di una visione complessiva e responsabile della sostenibilità ambientale e del contrasto al cambiamento climatico.

Perché in Italia oggi c’è ancora tanto scetticismo? 

In Italia persiste un notevole scetticismo riguardo al tema della compensazione, e abbiamo individuato tre principali motivazioni:

  • Negli anni passati, vi è stata scarsa chiarezza nel mercato riguardo al ruolo della compensazione e al modo in cui le aziende dovrebbero affrontarla. Inizialmente considerata un’attività speculativa, poi vista come una sorta di “panacea”, la compensazione è stata recentemente stigmatizzata come greenwashing. Tuttavia, le nuove linee guida di SBTi BVCM e le recenti evoluzioni normative, come la Direttiva sul Greenwashing e l’introduzione dell’ISO 14068-1 sulla Neutralità Carbonica, tutte avvenute tra dicembre 2023 e marzo 2024, forniscono un quadro molto più chiaro sull’utilizzo della compensazione e aiuteranno gli operatori di mercato a definirne un utilizzo chiaro e strategico già da subito nei propri percorsi di decarbonizzazione e nella comunicazione.
  • La compensazione è stata vittima di una cattiva pubblicità, soprattutto all’inizio del 2023, quando sono emersi sulla stampa estera prima ed italiana poi problemi di overcrediting in alcuni progetti Verra. Questo ha avuto un impatto negativo eccessivo sull’intero settore. Sebbene il sistema non sia perfetto esso è anche in continua evoluzione per affrontare le sue fragilità intrinseche, la prima soluzione a tali criticità è essere attenti nella selezione delle attività di compensazione, privilegiando crediti di carbonio con certificazioni e audit aggiuntivi a quelli standard di mercato, anziché soluzioni “di prossimità” come è stato invece per alcune aziende.
  • Con una definizione sempre più chiara dei quadri normativi è necessario sfatare il mito che “per compensare basta piantare un bosco aziendale”. A livello europeo (ribadito anche dalla Green Claims Directive) è oramai chiaro come per effettuare attività di compensazione e i cosiddetti “compensatory claims” è necessario agire utilizzare crediti di carbonio certificati secondo i principali standard internazionali (ad esempio quelli validati da ICROA). Le attività di piantumazione senza certificazioni come VCS o Gold Standard, sebbene lodevoli e utili come sistemi di adaptation, non sono sufficienti come attività di mitigation come è la compensazione.

È fondamentale che l’Italia affronti lo scetticismo verso la compensazione attraverso una maggiore informazione sul tema, anche grazie ad aziende che raccontano e comunicano i loro sforzi sul tema in modo diretto e visibile, a professionisti preparati e trasparenti e a momenti di confronto come Climate-Tech che possono svolgere un ruolo cruciale nel sensibilizzare e promuovere l’adozione di queste pratiche responsabili.

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