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Blocco dei licenziamenti dal 1° luglio: impatti per le imprese e ripresa del mercato lavorativo italiano

Il decreto raccontato da Mario Ottone Cammarata , Partner di Trifirò & Partners – Law Firm

A partire dal 1° luglio 2021 si delinea il quadro del divieto di licenziamento e della CIG fino alla fine dell’anno. Quali sono le nuove regole dettate dal D.L. n. 99/2021?

Si deve innanzitutto precisare che il D.L. 30 giugno 2021, n. 99 (cd. “Decreto Lavoro e Imprese”) integra e modifica la disciplina che era stata introdotta con il D. L. 22 marzo 2021, n. 41 (meglio conosciuto come “Decreto Sostegni 1”), poi convertito in L. 69/2021 e quindi le due normative devono necessariamente essere esaminate congiuntamente.

Partiamo quindi dall’esame delle disposizioni introdotte dal Decreto Sostegni: sul fronte del lavoro, in considerazione del perdurare dell’epidemia, il Governo, preoccupato dal rischio di un grave impatto sociale ed economico di un boom di licenziamenti, con il D.L. n. 41/2021 aveva prorogato, da un lato, gli ammortizzatori sociali “straordinari” (con causale Covid-19) e, parallelamente, il blocco dei licenziamenti (oramai in vigore dal febbraio 2020).

Più precisamente, con riferimento agli ammortizzatori sociali (introdotti per la prima volta nel marzo 2020 con il Decreto Cura Italia e da allora sempre rinnovati) il D.L. n. 41/2021 introduceva le seguenti novità:

  • per la cassa integrazione ordinaria (CIGO) veniva prevista la possibilità di richiedere fino ad un massimo di 13 settimane per il periodo compreso tra il 1° aprile ed il 30 giugno 2021
  • per la cassa integrazione in deroga (CIGD) e il Fondo di Integrazione Salariale (FIS) veniva prevista la possibilità di richiedere fino ad ulteriori 28 settimane tra il 1° aprile ed il 31 dicembre 2021.

La concessione di ulteriori periodi di CIGO/CIGD/FIS a “costo zero” comportava di conseguenza la proroga del divieto dei licenziamenti, individuali o collettivi, per ragioni oggettive:

  • fino al 30 giugno 2020 per le imprese che potevano beneficiare della cassa integrazione ordinaria e
  • fino al 31 ottobre 2020 per le imprese che potevano beneficiare del FIS o della CIGD.

Il nuovo D.L. n. 99/2021 ha cercato di contemperare gli opposti interessi, da un lato, di lavoratori/sindacati (che insistevano per la proroga del divieto dei licenziamenti), e, dall’altro, di datori di lavoro/associazioni datoriali (che invocavano invece la fine di tale limitazione).

In buona sostanza, la nuova normativa ha prorogato fino al 31 ottobre 2021 il divieto di procedere con licenziamenti collettivi o individuali per ragioni oggettive per tutti i datori di lavoro delle industrie tessili, delle confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia e delle fabbricazioni di articoli in pelle e simili, concedendo loro un ulteriore periodo di CIGO per una durata massima di 17 settimane nel periodo compreso tra il 1° luglio e il 31 ottobre 2021, senza versamento del contributo addizionale.

Per tutte le altre imprese che rientrano nel campo di applicazione della CIGO (i settori sono indicati nell’art. 10 del D.L.vo n. 148/2015) il Governo – dopo il varo del D.L. 29 giugno 2021 n. 99 – ha preparato un “avviso comune” che, sottoscritto dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori, dalle associazioni degli industriali privati, dal Presidente del Consiglio e dal Ministro del Lavoro, rappresenta una sorta di “raccomandazione” alle imprese manifatturiere le quali, prima di effettuare licenziamenti individuali o di aprire procedure collettive di riduzione di personale, sono chiamate ad esplorare i mezzi alternativi (per lo più integrazioni salariali) messi a disposizione, da ultimo, dai D.L. n. 73 e n. 99, tutti finalizzati ad attutire gli effetti sociali correlati ad un potenziale elevato numero di recessi. Sebbene tale “raccomandazione” non abbia alcun valore normativo, si ritiene che l’adesione alla stessa da parte dei vertici delle organizzazioni sindacali (dei lavoratori e datoriale) consenta di limitare ulteriormente il ricorso ai licenziamenti.

Come opera quindi la proroga selettiva del blocco del licenziamento? Quali sono le aziende che potranno utilizzare la CIG supplementare? quali cambiamenti e novità per il settore tessile?

Le industrie tessili (codice ATECO 13), le confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia (codice ATECO 14) e le fabbricazione di articoli in pelle e simili (codice ATECO 15) che, a decorrere dal 1° Luglio 2021, sospendono o riducono l’attività lavorativa, possono presentare, per i lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del nuovo Decreto (30 Giugno 2021), domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale senza costi aggiuntivi per una durata massima di 17 settimane nel periodo compreso tra il 1° Luglio e il 31 Ottobre 2021.

Per queste aziende, come per tutte quelle che stanno utilizzando o, comunque, potrebbero utilizzare FIS e CIGD, vige il divieto di licenziamento fino al 31 ottobre 2021.

Con riferimento agli altri settori produttivi nei quali è (teoricamente) superato, a partire dal 1° luglio 2021, il divieto di licenziamento, il decreto stabilisce che le imprese, che non possano più fruire della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria, possano farlo in deroga per 13 settimane fino al 31 dicembre 2021, senza contributo addizionale; qualora tali imprese si avvalgano del predetto ammortizzatore sociale, anche per esse vale il divieto di licenziare.

Nonostante il blocco del licenziamento, il datore di lavoro può comunque licenziare? Se sì, in quali casi

Vi sono eccezioni al rigido divieto di procedere con licenziamenti collettivi o individuali per ragioni oggettive introdotto dall’art. 46 del D.L. n. 18/2020 (c.d. “Decreto Cura Italia”): tali eccezioni sono in vigore sin dall’agosto 2020 (introdotte dall’art. 14 del D.L. n. 104/2020 – c.d. Decreto Agosto) e possono essere così riassunte, licenziamenti motivati da:

  • cessazione definitiva dell’attività
  • cessazione conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa., con messa in liquidazione della società senza alcuna continuazione, anche parziale, dell’attività;
  • cambio di appalto con la riassunzione del personale da parte del datore di lavoro subentrante nel rispetto di un obbligo di legge
  • in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione;
  • ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo (per la precisione, in questo caso non si parla tecnicamente di licenziamento, bensì di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro; sebbene di non si tratti di un licenziamento, la normativa vigente stabilisce che il lavoratore che aderisca ad un accordo collettivo aziendale e risolva consensualmente il rapporto di lavoro possa comunque accedere al trattamento NASPI).

È necessario ricordare che il divieto riguarda solo i licenziamenti collettivi e i licenziamenti per ragioni oggettive.

Esulano dalle fattispecie di cui sopra e, pertanto, sono esclusi dal divieto i licenziamenti:

  • per giusta causa o giustificato motivo soggettivo;
  • per superamento del periodo di comporto;
  • entro il termine del periodo di prova;
  • per raggiunti limiti di età ai fini della fruizione della pensione di vecchiaia;
  • dei dirigenti;
  • dei lavoratori domestici;
  • le interruzioni dell’apprendistato al termine del periodo formativo;
  • le cessazioni del rapporto con l’ex socio di cooperativa di produzione e lavoro, in caso di precedente risoluzione del rapporto associativo (in base alle disposizioni statutarie o regolamentari in vigore).

Il decreto-legge non fa menzione di alcuna esenzione dal contributo addizionale per le imprese che non licenziano. Cosa possono sperare le imprese che non adotteranno misure di riduzione del personale?

Poiché, nonostante i dati dell’ultimo periodo siano abbastanza confortanti (al netto della variante Delta) siamo molto lontani dall’aver superato la crisi generale determinata dalla pandemia.

Pertanto, mi aspetto che dopo l’estate il governo intervenga nuovamente con ulteriori strumenti di sostegno alle imprese finalizzati a limitare ulteriormente il ricorso ai licenziamenti, anche se ritengo che difficilmente vi sarà un’ulteriore proroga del divieto di licenziamenti collettivi o individuali per ragioni oggettive.

In particolare, mi aspetto la previsione di ulteriori periodi di ammortizzatori sociali “a costo zero” (o con costi ridotti) nonché agevolazioni contributive per gli imprenditori “virtuosi” che procedano a nuove assunzioni o, quantomeno, che non procedano con licenziamenti.

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