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Cos’è il Metaverso e perché ne stiamo parlando tanto: spiegato dal game designer Fabio Viola

Da quando Facebook ha annunciato che il suo futuro è lì, sono in molti a chiedersi cos’è il Metaverso.
Per spiegarlo abbiamo interpellato il game designer Fabio Viola (perché il Metaverso è nato proprio nel suo mondo, quello del gaming)

Fabio Viola, cos’è il Metaverso?

Per capire cos’è il Metaverso dobbiamo immaginarci un mondo sinesintetico in cui superiamo la verticalità delle piattaforme dell’internet attuale. Un unico spazio in cui ascoltiamo musica (spotify), scambiamo foto (instagram), conosciamo e parliamo con nostri amici (Facebook), giochiamo (Minecraft), lavoriamo (piattaforme di remote working).

Il Metaverso è uno spazio che supera la mera idea di digitalizzazione delle esperienze fisiche creando nuove modalità di azione, interazione e reazione avvantaggiandosi della realtà virtuale, blockchain, nft ed immersività ormai giunti a una maturazione.

Perché il Metaverso interessa a un gigante come Facebook?

Il Metaverso interessa ai giganti della tecnologia, come Facebook, perché è un nuovo spazio da “edificare”, un intero nuovo mondo per miliardi di persone destinato a diventare pervasivo in ogni momento della quotidianità. Questo andrà a generare nuovi posti di lavoro, nuove economie, nuove filiere produttive, nuovi governi, nuovi modi di pensare, sognare e comunicare.

Quello che sembrava distopico in pellicole come Ready Player One o The Matrix oggi diventa una missione e visione di futuro per i grandi giganti della tecnologia.

Per chiarire: il Metaverso è un luogo o un concetto?

È uno spazio geografico ed al contempo un territorio digitale, è sensoriale  e sintetico, immersivo ed interattivo.  Un luogo in cui atomi e byte convivranno insieme trovando nuovi punti di contatto. È il dare forma e conseguenze al pensiero umano che potrà sprigionarsi e muoversi superando le tradizionali barriere di tempo e spazio.

Metaverso e gaming: è vero che il concetto si è sviluppato nel mondo dei videogiochi?

Le interazioni in tempo reale, l’immersività, le comunità multiplayer, le estetiche futuristiche sono da decenni il territorio di sperimentazione dell’industria videoludica. Alcune produzioni già nei primi anni del xxi secolo si erano già avvicinate all’attuale idea di Metaverso, si pensi a Second Life che ha permesso a milioni di persone nel mondo di creare una propria identità virtuale e muoversi in un mondo popolato da altri residenti, ma anche da aziende “reali”, creando e consumando beni digitali basati su interscambi economici reali. L’esperienza creata da Linden Lab aveva già superato la verticalità del gaming, quel territorio non aveva obiettivi e/o condizioni di vittoria. Oggi progetti come Minecraft e Roblox hanno acquisito alcuni tratti dei metaversi contaminando generi di esperienze, si pensi ai concerti ospitati dal gioco firmato Epic Games con decine di milioni di partecipanti o alle economie collettive di Roblox dove i giocatori lavorano, producono contenuti digitali e li vendono.

A chi appartiene il Metaverso? Facebook dice che, come internet, sarà di tutti. Ma internet è davvero di tutti?

Prima ancora dei budget e tecnologie necessarie alla creazione del Metaverso, la vera sfida è la standardizzazione. Non solo protocolli comuni su cui si reggono i siti internet ma soprattutto un mondo dalle caratteristiche coerenti in cui ciascuno di noi possa accedere con un unico account, avere un unico wallet, poter mantenere il proprio avatar. Questo richiede un organismo superiore, a oggi difficile da immaginare ed escludente per sua natura, in grado di garantire la governance e creare le infrastrutture di base su cui i singoli attori poi possono apportare la propria offerta all’interno di questa Terra speculare.

Perché si parla tanto di Metaverso ora visto che il termine è stato coniato negli anni 90?

Siamo giunti a una maturazione tecnologica e a una pervasività del digitale tale da giustificare gli enormi costi di ricerca e sviluppo necessari a sviluppare il Metaverso. Con oltre il 50% della popolazione nato a cavallo dell’avvento di internet anche i tassi di “alfabetizzazione” al digitale sono cresciuti enormemente ed il 2019 ha contribuito ad accelerare l’interazione tra fisico e digitale rendendo il phygital una standard per tanti di noi. Con nuovi modelli di consumo legati alla spesa digitale, de-materializzazione medica, learning a distanza, lavoro da remoto si sta venendo a creare la tempesta perfetta per portare ad un livello ulteriore queste convergenze. Ci vorrà ancora tempo, difficilmente prima della fine di questa decade si potrà avere un Metaverso integrato, una collaborazione effettiva tra i giganti tecnologici ed una pervasività di tecnologie come la realtà virtuale che oggi ancora faticano ad entrare nelle quotidianità.

Come si progetta nel Metaverso? E cosa ci aspetta quando ci entreremo?

Dire cosa ci aspetta nel Metaverso è ancora difficile a dirsi, a oggi le migliori anticipazioni le troviamo nell’immaginazione degli sceneggiatori di Black Mirror. Sarà un mondo interconnesso dove le nostre azioni quotidiane “fisiche” avranno dirette reazioni nel Metaverso grazie all’amplificazione della realtà ed aumentata resa quotidiana grazie a dispositivi indossabili. Al tempo stesso i nostri comportamenti ed azioni nel metaverso influenzeranno quello che accade ed appare nella quotidianità grazie a forme di intelligenza artificiale e machine learning. La proprietà degli oggetti, acquistati e creati, sarà fisica e digitale grazie a tecnologie blockchain e cripto valute, una costante on-life senza attriti o barriere di ingresso.

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