Abbiamo incontrato Niccolò Chiuppesi, Founder di BENNU
bbiamo incontrato Niccolò Chiuppesi, Founder di BENNU
Nato a Febbraio 2021 BENNU adotta un approccio slow fashion, lontano dalla stagionalità e dalle collezioni e dai flussi frenetici del fast fashion.
L’approccio responsabile è legato a tutte le fasi della produzione. Tutti i tessuti vengono riciclati e riutilizzati attraverso un processo di personalizzazione, contro ogni etichetta di genere.
La selezione e il controllo della filiera garantisce il rispetto verso l’ambiente e i lavoratori in pieno rispetto dei valori di sostenibilità ambientale.
Quale ruolo gioca la moda nelle politiche attuative di progetti produttivi sostenibili?
In quello che è un cambiamento necessario per tutte le nostre vite, la moda gioca un ruolo di primissimo ordine sia perché l’industria moda si presenta a questa sfida come uno dei maggiori responsabili dell’inquinamento globale, sia perché da fin troppo tempo sentiamo parlare di sfruttamento della forza lavoro impiegata all’interno dei cicli produttivi senza che vengano però prese delle posizioni nette e decise.
Inoltre, la rottura di quel paradigma che ci vede consumatori compulsivi, dove la quantità ha nettamente superato la qualità del prodotto finito, e dove le vite di quasi tutti i protagonisti del ciclo produttivo si sono trasformate in numero e in prestazione, ci permetterebbe di riacquistare del tempo – che soprattutto durante questa pandemia è tornato ad avere un ruolo ed un valore fondamentale – e di tornare a godere di tutta una serie di dettagli che ci sono stati portati via da un sistema che non può e non deve durare.
Come riesce Bennu a promuovere valori di sostenibilità?
BENNU promuove un approccio alla mondo della moda basato sull’upcycling, utilizzando e ricercando capi provenienti o da guardaroba vintage non più utilizzati, o capi che non sono mai stati utilizzati – o addirittura commercializzati – e sono rimasti per anni chiusi all’interno di sacchi.
Adottando inoltre un approccio slow, con collezioni esclusive caratterizzate da un numero limitato di capi, combattiamo la stagionalità e i ritmi frenetici del fast fashion.
All’interno di tutta la filiera produttiva, cerchiamo di coinvolgere delle aziende che ci garantiscano il massimo risultato possibile sia in termini di responsabilità ambientale – termine che preferisco di gran lunga all’ormai abusato e inflazionato “sostenibilità” – sia in termine di impegno sociale, promuovendo realtà del territorio che spesso si mettono in gioco per coinvolgere chi nella vita ha avuto delle difficoltà e si vuole riavvicinare al mondo del lavoro (come la collaborazione con la Sartoria Sociale Archè di Fondazione Archè a Milano, con la quale abbiamo sviluppato l’ultima collezione uscita).
Come può la moda essere strumento di libera espressione di identità di genere e promuovere l’uguaglianza delle parti? Come Bennu si pone di rappresentare questa mission?
La moda deve essere, come è sempre stata, la portavoce della società contemporanea, e il riflesso di tutte quelle sub-culture che più o meno velocemente emergono nel tessuto sociale contemporaneo.
Come ho avuto più volte l’opportunità di sottolineare, diventando lentamente uno dei pilastri del brand, ciò che BENNU vuole esprimere si può racchiudere in un passaggio del filosofo francese Foucault, dove il genere viene indicato come una variabile fluida che cambia e si modifica in contesti ed epoche diverse.
Con BENNU, vogliamo essere i protagonisti di un universo non-binario contemporaneo, un universo consapevole in cui chiunque indossa i nostri capi si possa sentire parte integrante del processo di cambiamento che sta caratterizzando il nostro oggi.
Il brand è svincolato quindi dal concetto di genere, così come è stato liberato dal concetto di taglia: questo permette a chiunque di potersi riconoscere in un prodotto senza dover prima ricorrere a filtri o altre categorizzazioni pre-impostate.